Annotazioni biografiche

Tra le figure presenti nella raccolta di lettere, il nucleo familiare degli Orsini costruitosi intorno a Gian Giordano e Felice della Rovere è centrale: la loro forza politica nel primo cinquantennio del XVI secolo è ben nota e colpisce diverse casate nobiliari romane, intrecciandosi con le politiche papali. La studiata politica matrimoniale messa in atto da Giulio II ha previsto, nel 1506, l’unione tra una sua figlia naturale, Felice della Rovere, e Gian Giordano Orsini del ramo di Bracciano. Felice è nota grazie all’elogio che le riservò Baldassar Castiglione nel Cortegiano, all’interno del terzo libro, in cui la annovera tra le donne illustri coeve in grado di mantenere la propria castità. La giovinezza di Felice non fu priva di difficoltà: negli anni in cui Giuliano della Rovere era perseguitato dal rivale Rodrigo Borgia, futuro papa Alessandro VI, fu costretta a rifugiarsi a Savona presso i parenti Della Rovere. Il rapporto con il padre, come attestano le fonti indirette, non fu sempre lineare, ma la sua influenza nella corte pontificia – sia sotto Giulio II sia, in seguito, sotto Leone X – appare evidente. Felice seppe infatti inserirsi con autorevolezza nelle reti di potere romano e italiano, giocando un ruolo attivo in una stagione politica segnata dall’intreccio fra famiglie aristocratiche e curia papale. Partecipò inoltre attivamente alla gestione dei beni, seguendo gli affari di corte e imponendosi come figura autorevole nella conduzione delle terre e delle rendite. Dopo la morte del marito, nel 1517, assunse la tutela dei figli minori e l’amministrazione dell’intero patrimonio, dimostrando notevoli capacità politiche e finanziarie. Felice frequentò e intrattenne rapporti con alcune delle principali figure femminili dell’aristocrazia italiana: emblematica la sua amicizia con Isabella d’Este, che la accolse a Palazzo dei Dodici Apostoli durante il Sacco di Roma del 1527, episodio che suggella il prestigio e le relazioni di cui godeva anche al di fuori della cerchia familiare (Cecconi – Iacona 2014, Murphy 2007, Visceglia 2023).

Dal primo matrimonio di Gian Giordano erano nati Napoleone, Carlotta e Francesca. Carlotta, nel 1519, sposò Gian Tommaso Pico della Mirandola, legando gli Orsini a una delle famiglie più note della cultura e della politica rinascimentale. Dal secondo matrimonio, con Felice, nacquero invece Girolamo, Francesco, Giulia e Clarice. Felice riuscì a organizzare ottimi matrimoni per le sue figlie: Giulia fu celebrata per la sua bellezza da poeti e letterati e nel 1521 andò sposa a Pietro Antonio Sanseverino, principe di Bisignano (per la datazione Fiorentini – Vetrugno 2024); Clarice, nel 1534, sposò Ludovico Carafa, principe di Stigliano e duca di Mondragone, portando con sé una dote consistente. Il periodo più turbolento per gli Orsini coincide con lo scontro fratricida tra Napoleone e Girolamo Orsini. Napoleone, filofrancese come Gian Giordano, aveva perso ogni diritto derivante dalla primogenitura alla nascita del figlio di Felice, Francesco. In cambio aveva ottenuto l’abbazia di Farfa, territorio di estensione di poco minore ai possedimenti Orsini, ma rivendicava una parte del patrimonio, appoggiato da alcuni parenti. La rivalità con Girolamo, sostenuto invece dall’imperatore Carlo V, culminò nel 1534 con l’uccisione di Napoleone nei pressi di Castel Gandolfo, episodio che segnò profondamente la stabilità degli Orsini, provocando un processo contro Girolamo nonché la temporanea confisca dei suoi beni. Nel 1535, Girolamo fu assolto e perdonato da papa Paolo III, che gli restituì i possedimenti temporaneamente affidati al fratello Francesco e l’anno successivo gli dette in sposa sua nipote Francesca, figlia di Costanza Farnese (Mori 2016).

Francesco Orsini è uno dei due destinatari della corrispondenza in quanto Abate commendatario di Farfa e fu l’ultimo della casata a ricoprire con continuità questo ruolo. Nel 1535, in occasione delle nozze del fratello Girolamo con Francesca Sforza, Francesco cedette a quest’ultimo lo Stato di Bracciano, riservando a sé quello di Vicovaro. La sua posizione si indebolì quando, nel 1543, papa Paolo III lo fece processare per estorsioni, violenze e omicidi, privandolo della commenda di Farfa e confiscandogli Vicovaro e gli altri beni, trasferiti al nipote Paolo Giordano, figlio del defunto Girolamo. La morte del pontefice riaprì lo spazio per nuove rivendicazioni e Francesco intraprese una dura battaglia per riottenere almeno in parte i suoi diritti, raggiungendo nel 1550 un accordo con Paolo Giordano: in cambio della rinuncia a qualsiasi pretesa su Bracciano, ottenne il possesso di Vicovaro e Canemorto vita natural durante. Francesco sposò in articulo mortis la concubina Faustina de Bilizone, madre dei suoi figli naturali Virginio, Antonio, Giovan Battista e Giovan Paolo, che furono così legittimati (Mori 2016).